NEWSLETTER " EPPYNET.COM - Racconti Erotici 13 " del 18/10/2006

I SENSI DI GUEN

La luce si rifletteva nel bicchiere di barricato rischiarando il colore del vino, le dita giocherellavano nervose sul tavolo, e il grigio della nebbia sembrava attraversare la porta a vetri dell'entrata di quel bar d'angolo, piccolo e affollato. Un senso di inquietudine la stava attraversando, non riusciva a contenerlo tutto... si sentiva braccata, in gabbia, chiusa in una morsa dalla quale doveva disperatamente uscire al più presto...
“La finisci di tormentarti”?
Guendalina aveva gli occhi fissi sul bordo del vetro, neri, profondi e oscurati come durante un'eclissi di luna piena, il suo essere affannosamente inquieta era percepibile a distanza, la sua natura non voleva lasciare il passo al ritmo tranquillo di quella città sprofondata nell'inverno, aveva la fame di un vampiro che non beve sangue da troppo tempo, ed ora, era arrivato il momento per lei di uscire nella notte a cercare una vita da assaggiare.
“Cosa ne sai tu del tormento”? La sua voce arrivava all'orecchio di Amanda come una minaccia imminente, poche volte si faceva così bassa e roca, ma quando succedeva voleva dire che qualcosa di particolare doveva capitare, Guendalina viveva di questo, mordendo tutto ciò che poteva dare un succo buono per la sua bocca ingorda e insaziabile. Amanda la guardava, e la trovava ancora una volta bellissima... con quello sguardo impenetrabile, profondo e crudo, quella bocca che troneggiava prepotente e sempre schiusa pronta ad azzannare al primo attacco...
“Sei bellissima, lo sai”?
Guendalina sorrideva ogni volta che lei glielo diceva... se aveva una certezza nella vita, era quella di essere consapevole del fascino che dispensava con naturalezza fin dall'adolescenza. Si, era bella, bella da far male, e lo sapeva.
“Amy, Amy...che vuoi saperne tu... a parte quelle due donne che hai avuto, cosa sei stata? Nulla, solo una lesbica con tendenze isteriche... la vita è un'altra cosa, credimi, la vita è di più”...
Si era accesa una sigaretta, e dopo aver inghiottito una boccata di fumo si era portata il bicchiere di vino alle labbra, assaporandolo lentamente.
“Non sei una godereccia Amanda, non hai vizi, guardati: non bevi, non ti piace il vino, non fumi... ti perdi il meglio della vita gioia mia... e poi non sei mai stata con un uomo! Ma ti rendi conto? Vivi, tesoro, dammi retta”...
“Mi piace la tua presunzione Guen, pensi di sapere cos'è la vita solo perché bevi e fumi? TI sbagli davvero, e prima o poi troverai anche tu uno che ti farà perdere la testa”...
“Magari, Amy, magari”...
Lo aveva detto con rassegnazione, come se credesse impossibile quella possibilità. Aveva riappoggiato gli occhi sul barricato, elaborando l'affermazione dell'amica. In fondo lo desiderava davvero, sarebbe stato bello per lei cadere in un'avventura come quella, fino a quel giorno si era limitata a vivere di espedienti, rasentando la morale ad ogni possibilità, rimanendo appoggiata a situazioni particolarmente precarie... circondandosi di persone poco raccomandabili, tipi strani, artisti o giù di lì... ma l'amore, quello vero, non l'aveva incontrato. Aveva amato le donne con la stessa passione dedicata agli uomini, non si era mai tirata indietro, consumando la sua esistenza al limite del lecito, senza mai risparmiarsi...
“Guarda che non è così difficile Guen, basta volerlo”!
“A si? E dove potrei trovarlo questo essere”?
“Ovunque. La vita è piena di gente, da qualche parte c'è senz'altro qualcuno per te, come per tutti; guarda che non sei diversa dalle altre”.
Guendalina sorrideva.
“Anche qui, ora?”.
“Si, anche qui. Ora”.
Guen si era guardata intorno, ma la sua espressione annoiata non era cambiata. Poi aveva rivolto lo sguardo oltre la porta a vetri, osservando fuori, e la sua iride si era accesa di curiosità, un sorriso ambiguo le stava tagliando la bocca.
“Qui no Amanda, ma fuori si... hai ragione”...
Amanda non capiva, vedeva l'amica mentre veloce finiva il barricato, e gli occhi sempre incollati al di là del vetro, dove nel grigio scuro della nebbia si intravedeva un uomo che chiacchierava con un tizio di spalle. Se ne stava andando, stringeva la mano dell'interlocutore apprestandosi a scomparire oltre l'angolo. Guendalina si era alzata in fretta agguantando il cappotto.
“Amanda seguimi, si va a caccia”.
“Ma dove stai andando, Guen, fermati che fai? Sei impazzita”?
“VOGLIO LUI”.
E l'aveva detto convinta, aveva finalmente trovato la situazione, anzi, l'aveva creata, come sempre del resto. Il momento di stanare la preda era arrivato, e Amanda tremava al solo pensiero.
“Smettila Guen, non lo conosci neppure! Cosa ti sei fumata questa sera?
Guendalina aveva guadagnato la porta.
“Sei un'illusa... tanto tornerai da me come tutte le altre volte. Nessuno ci dividerà mai... Guen mi hai sentita? Guen”!!
Lei si era voltata piantandole gli occhi addosso.
“Mi chiamo Guendalina, te l'ho detto mille volte”.
Aveva afferrato la maniglia scomparendo nella nebbia, a caccia di uno sconosciuto.
Il freddo della sera colorava il fiato di bianco, camminando frettolosamente sbatteva le spalle contro i passanti che si dirigevano nella direzione opposta, sentiva lo strano desiderio di avvicinarsi a quel tizio, era ritornata quella di sempre: una pantera famelica e astuta...
Si era immaginata l'odore dell'uomo, e ne cercava la traccia tra i passanti. Andava di fretta cercando di raggiungere la sagoma che aveva appena intravisto, ricordando come un fotogramma troppo rapido, un piumino marrone e una valigetta tra le mani. Forse un paio di occhiali. Abbastanza per la voglia che aveva di scovarlo...
La strada finiva in un parcheggio, la gente si diradava ma le macchine erano davvero tante. Si era messa a zigzagare tra le file di auto, cercando una traccia. Il buio arrancava, il freddo anche. La sua rabbia stava per esplodere di fronte alla sconfitta. Si era diretta verso l'uscita del parcheggio, poco incline alla rinuncia. Camminava con gli occhi rivolti all'asfalto umido e oleoso, poteva tornarsene a casa. Ma l'istinto le diceva che quell'odore poteva essere ancora lì, da quelle parti, non troppo lontano da lei. Aveva chiuso gli occhi, concentrandosi sull'olfatto che fino a quel momento non l'aveva mai tradita. Aspettava fiduciosa, quell'odore sarebbe venuto a cercarla.
Girandosi di spalle, aveva ascoltato una voce proveniente da un luogo imprecisato di quel parcheggio. Distingueva a fatica una conversazione a senso unico, rivolta probabilmente ad un cellulare, e immaginando la provenienza, si era incamminata verso quello che doveva essere l'angolo meno illuminato. Dietro una fila di macchine scure, vedeva il suo bersaglio mentre armeggiava con le chiavi nella serratura dell'auto, parlava al cellulare come aveva intuito. Quell'attimo le aveva messo addosso voglie strane, imprevedibili. La situazione richiedeva una svolta decisiva. Eccola Guen, mentre stanava la sua preda. Lì, nel buio freddo della città, su un asfalto umido e viscido, dove potevano scorrere le sue fantasie più accese. Si sentiva piena di quel pathos che tanti uomini le avevano riconosciuto, e con la sicurezza nel passo, si avvicinava morbida e implacabile verso lo sconosciuto. Lo aveva raggiunto con la certezza di trovarlo, le si era avvicinata standogli davanti, mordendolo con lo sguardo felino oltre gli occhiali, dentro l'azzurro di quel taglio sottile, sottolineato dalle rughe di espressione. Lui non aveva smesso di parlare nel microfono del telefono, la guardava con un punto interrogativo. Lei sosteneva lo sguardo curioso, e avvicinandosi ulteriormente gli aveva tolto il cellulare dalle mani chiudendo lo sportellino. Lui era a metà strada tra lo stupito e l'incredulo.
“Non è educato parlare al telefono quando si ha un ospite davanti”...
“prego”?
Guendalina si era avvicinata fino a sfiorarlo, e allungandosi addosso a lui lo aveva baciato con quelle sue labbra piene e grandi, senza rossetto. Lui si era ritratto, totalmente allibito. Lei gli aveva regalato uno sguardo che non ammetteva repliche, l'intensità dei suoi occhi sembravano rapire il buio totale della notte, dove si brancola senza vedere nulla. Riavvicinandosi lo aveva baciato ancora, stringendosi al suo corpo e trasmettendogli le sue vibrazioni carnali. Aveva schiuso le labbra seguendo il contorno sottile della bocca di lui, eccitandosi per le fantasie che cominciavano a farsi strada nella sua mente.
“Come sei buono... mi piace anche il tuo odore sai?”...
Anche la bocca dello sconosciuto si era arresa alla prepotenza di quella sensualità, cedendo alla magia di un momento irripetibile. Le lingue si erano incontrate amichevolmente, studiandosi poco a poco. La saliva straripava dalle bocche appoggiandosi agli angoli estremi. Erano uno addosso all'altra senza abbracciarsi, spingendo i corpi alla ricerca di un contatto più profondo.
Finché una voce affannata li riportò per un attimo fondamentale alla realtà del momento.
“Guendalina, è ora di tornare, ci stanno aspettando”.
Amanda non aveva potuto impedire all'amica di stanare la sua preda, ma era arrivata appena in tempo per rompere la magia definitivamente.
Si era così staccata dal piumino marrone, e ammiccando con gli occhi era arretrata di qualche passo. L'amica l'aveva presa per il braccio allontanandola da quello che per lei costituiva il pericolo presente.
“Andiamo via”. Lo aveva detto severa, a denti stretti.
Guendalina non smetteva di guardare il suo uomo....
“Ci vediamo presto, dottore”.
...”Ma sei impazzita? Lo conosci? Chi è sto' dottore”?
“Non so se fa il dottore, lo immagino. Credo sia un veterinario... prima parlava al cellulare di cure per i cavalli, nominava dei farmaci... e poi guardalo bene, per me è un dottore”...
“Tu sei tutta matta, poteva essere un delinquente, che ne sai tu”?
“Per essere un delinquente bacia bene”...
“Finiscila! Un giorno o l'altro mi ringrazierai per averti salvata da una situazione pericolosa”.
“Salvata? E chi vuole essere salvata”?
Amanda non aveva replicato, l'aveva presa per il braccio trascinandola via dal parcheggio.

di Alemar


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